Sono tornate tutte a posto. Le casseruole di alluminio con il pregiato e snello manico d’ottone. Furbe. Mi guardano con quella espressione maliziosa infingardamente bugiarda.
“Siamo state qui ferme ad aspettarti tutta la notte.”
Le scruto per scovare le tracce della loro disonestà: una macchia di unto, bagliori di burro, briciole o carbonizzate bruciature che ornino il bordo. Nulla, linde come le loro facce toste. Questa notte ho sentito il tramestio che facevano in cucina per festeggiare l’arrivo di Madame Zuccà, la teiera che pare gradire assai cibi succulenti, a ben studiare le sue forme tondeggianti. Che mai avranno approntato per Madame, le fanfarone?
Con quelle vocine alluminate le sfrontate mi interrogano senza pudore:
“Sugo di monsieur Porcinò e… spaghetti? Incompetente!”
“Faccio le tagliatelle di pasta fresca, bisbetiche!”
“Impasto appiccicoso, aggiungi farina!”
“E’ perfetta! Tondeggiante e morbida palla di pasta.”
“Assai energicamente la impastasti, tiranna!”
“Zitte borbottone! Deve riposare!”
“Noi di ungerci e arroventarci non ne abbiamo più voglia!”
“State scherzando vero?”
“Niente affatto! Ci siamo appena fatte belle lustre.”
“Fettine di monsieur Porcinò, spicchio d’aglio, burro e olio caldi q.b.”
“Quanto basta? Sono rovente!”
“… girare delicatamente…”
“Mi solletichi la pancia, aguzzina!”
“A me Nidi di Tagliatelle, sugo di monsieur Porcinò, tritò di Prezzemolò! Bon appétit, Madame Zuccà!”
“Bon appétit, Citrouille!“